Umberto Veronesi, Gualtiero Marchesi, Philippe Daverio,Salvatore Veca, Piergaetano Marchetti, Luca Doninelli, Livia Pomodoro, Fedele Confalonieri, Carlo Tognoli e Umberto Eco.
I padri, o meglio i saggi nonni, della cultura milanese ci hanno ricordato come erano belli i tempi in cui si passeggiava lungo i Navigli, ci si baciava sui ponti, si faceva sci d’acqua trainati da una topolino.
Il progetto di collegare le Dighe di Panperduto al Naviglio Grande e alla Darsena, toccando Parco delle Groane, Villa Arconati, Cascina Merlata, Parco di Trenno, Parco delle Cave, Parco Expo, Boscoincittà e Parco Parri è probabilmente affascinante e forse potrà anche essere stimolante e foriero di grandi e nuovi sviluppi per Milano.
Ma allora perchè una presentazione nostalgica, con testimoni del passato che possono solo ricordarci la bellezza ( del tutto presunta e sicuramente agiografica ) dei bei tempi andati?
Giuliano Pisapia è un Sindaco, un grande Sindaco, le cui azioni sono tutte e sempre rivolte ad una precisa visione di una Milano proiettata al futuro.
Dopo l’Amministratore di Condominio e la Signora della Milano Benissimo, abbiamo finalmente un primo cittadino che vuole cambiare e rivoltare Milano facendo crescere il bambino dopo aver gettato l’acqua sporca, e che sa sicuramente cosa sta facendo.
E allora perchè non spiegare quali saranno gli sviluppi futuri di un opera di ingegneria idraulica di cui, oltre alle passeggiate amene e alle scampagnate nel verde, non riusciamo a vederne la valenza di riscatto di Milano?.
Come potrà la riapertura dei Navigli, da alcuni talebani della nostalgia richiesti anche in città, essere motore della ricrescita.
I navigli sono opera dell’uomo, non hanno niente di naturale. Un’opera pensata per facilitare le comunicazioni quando i mezzi di trasporto terreni erano il cavallo e il carretto. Vivaci e vitali quando le chiatte e i sabbiunat li solcavano a tutte le ore e quando , lungo le rive e intorno alla Darsena c’era un mondo di artigiani e produttività milanese.
Un sistema di comunicazione al servizio del lavoro e della crescita economica della Grande Milano.
Un sistema soppiantato dal progresso che i Milanesi, non i marziani o gli Austriaci, hanno sempre anteposto alla nostalgia.
Ma oggi? Oggi il quartiere dei navigli mi ricorda le discoteche. Di notte splendenti, vivaci, catalizzatori di incontri e vita sociale, ma di giorno, con la luce, abbandonati, silenziosi, vuoti, palesi nel loro degrado, nel loro abbandono , che solo il buio e le luminarie riescono a nascondere.
La “bella” vita dei tempi passati è stata sorpassata. Perchè la topolino per fortuna non c’è più come la Bianchi di Coppi che è in bella mostra in un museo.
Perchè tra i testimonial di questa riapertura, di questa Milano città d’acqua, non c’è un solo nipote dei saggi cittadini?
Perchè nessuno mi spiega come questi interventi potranno dare lavoro, sviluppo, prosperità ai miei figli, oltre a promettergli che potranno divertirsi a correre in bicicletta, ( mountain bike a 24 rapporti) dall’Adda al Ticino?
Ammetto la mia ignoranza ma le ancelle festanti e gli innamorati in bicicletta del Teatro dal Verme non mi tranquillizzano affatto.
E l’unico segno di modernità, che mi ha riportatato drasticamente alla realtà, è stato l’intervento di Formigoni, che con la tipica arroganza dei politici d’oggi, ha interrotto sul nascere il sogno. E non mi sono risvegliato nel futuro ma in un edulcorato passato.