Sarà l’età, sala la sfiga, ma, negli ultimi tempi, molti dei miei amici, si sono ritrovati bloccati in un letto.
Altri, se non a letto si ritrovano limitati nella loro mobilità e nelle loro più semplici attività.
Non perchè malati ma perchè vittime di un incidente di cui sono quantomeno corresponsabili per una disattenzione, una sottovalutazione del pericolo, una frettolosa e imprecisa preparazione.
Responsabili di una leggerezza di cui, prima o poi, siamo stati colpevoli tutti con la differenza che a noi è andata bene.
Tanta fortuna e nessuna conseguenza.
Per questo non è necessaria la ramanzina da grillo parlante.
Poteva tranquillamente capitare anche a noi.
Fermi a letto, i malcapitati non si fanno pregare.
Il tempo a loro disposizione e la noia della degenza sono degli ottimi alleati.
Tutti, nessuno escluso, raccontano sui social la loro esperienza.
Il prima, il durante e le prospettive del dopo, rendendoci partecipi di ogni loro attimo di vita.
Concentrati e focalizzati, penso naturalmente , su se stessi.
Poi arriva Giovanni.
Che si mette a scrivere anche lui un blog.
Anche lui ci racconta per filo e per segno cosa gli è successo e cosa gli sta succedendo.
Con due differenze, di non poco conto, però.
La prima è che riesce a trasformare la sua condizione e quello che gli sta capitando nell’occasione per ampliare il discorso alla condizione generale in cui ci troviamo e alle soluzioni che dovremmo adottare.
E’ un ecologista profondo e quindi non gli è difficile questo passaggio, dal particolare al generale.
Ma è la seconda che lo rende unico, almeno per la mia esperienza personale.
In questa frase, nel primo post del suo blog, c’è una consapevolezza che raramente ho trovato .
” 28 giorni fa combinavo il casino. Incidente, elicottero, operazione, terapia intensiva. Mi svegliavo in mezzo a tubi e tubetti e iniziavo questa avventura. Nel frattempo, a casa, Francesca riceveva una telefonata che la mandò in tilt, organizzava un veloce deposito delle cucciole, e si precipitava in ospedale. Iniziava un’avventura anche per lei. Senza avere nessuna responsabilità e nessuna colpa.
Il mio errore, che mi ha portato a fare il volo che ho fatto, io credo di averlo compreso. Lei non ne ha fatti ma è in ballo comunque: per quanto a casa possa contare su tanti volenterosi volontari (nonni, zii e amici) lei è rimasta sola, e le bambine hanno un papà solo su WhatsApp.”
Qui tutto l’articolo https://dopolincidente.wordpress.com/2022/07/31/28-giorni-dopo/ che vi invito a leggere così come vi consiglio di seguire il suo blog.
Giovanni si rende conto di come il suo incidente non abbia cambiato solo la sua vita, ma sia la causa del cambiamento del percorso di tutti quelli che lo circondano.
Una sottile , ma decisiva attenzione.
Rara.