Caro Giuliano, mi permetti l’impertinenza di un consiglio? (Lettera aperta al Sindaco di Milano)


Caro Giuliano,
pochi giorni fa la Presidente Daniela Volpi, ti ha inviato una lettera, resa pubblica sul sito dell’Ordine degli Architetti di Milano e sottoscritta , tra gli altri da Leopoldo Frerye che è il presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti.
(http://www.ordinearchitetti.mi.it/index.php/page,Notizie.Dettaglio/id,2482/type,oa)
Si lamenta di non aver ricevuto risposta a precedenti missive e coglie l’occasione per farti alcune osservazioni rispetto al Bando di Concorso indetto dall’Expo.
Qual è il consiglio?
Quello di non rispondere, non perché la lettera non presenti spunti di contraddittorio o richieste di chiarimento, ma perché chi ti scrive non può sottoporti queste osservazione dall’alto del ruolo istituzionale che occupa, sotto le spoglie di una semplice lamentela e richiesta di considerazione.

Come presidente dell’Ordine, l’architetto Daniela Volpi ha il diritto e il dovere di controllare la correttezza legislativa di un concorso. E ha il diritto, nonché il dovere, di diffidare gli iscritti al parteciparvi , se si configurano irregolarità norvative e deontologiche.

Ma, come al solito, Consiglieri e Presidenti degli Ordini non svolgono i loro compiti istituzionali ma fanno tutt’altro.
Fanno finta, e male, di difendere i loro iscritti, da cui non hanno nessuna delega di rappresentanza, dimenticando di essere lì per garantire gli interessi della collettività e non quelli dei singoli professionisti.

Il bando indetto da Expo è contrario alle norme vigenti, così come sembra, stante la dovizia con cui vengono citati articoli e codicilli di legge dalla Presidente e dai suoi compagni di penna?

Benissimo!
Che l’Ordine degli Architetti di Milano e il Consiglio Nazionale chiedano, con il ruolo e la incisività istituzionale che hanno, dei chiarimenti all’Ente banditore e, in caso di risposte non soddisfacenti, diffidino tutti gli iscritti dal parteciparvi.
Questo è il ruolo di un Presidente di Ordine.
Il ruolo di vigilare, controllare, difendere l’immagine della professione ( non quella dei singoli professionisti di cui non è la sommatoria) con fermezza e autorevolezza ma anche assumendosene le responsabilità del caso.
Il compito di un Presidente di un Ordine non è quello di pietire incontri, concertazioni, condivisioni e tavoli di discussione.
Questo comportamento non solo non è necessario ma è chiaramente lesivo della dignità della professione che si intende preservare.
E non permette all’interlocutore di capire quale sia il piano della discussione e prospettare quindi, con trasparenza, le proprie ragioni.

Se invece non sono state violate leggi e norme, l’Ordine non ha nessun potere né incarichi o rappresentatività per esprimere giudizi in merito alle scelte di un altro organo istituzionale quale Expo.

La Società Expo, con la finalità di raggiungere al meglio i propri obbiettivi, ricerca sul mercato le soluzioni migliori per concretizzare i suoi programmi, nel rispetto di quegli stessi interessi collettivi che dovrebbero difendere gli ordini Professionali.

Soluzioni che possiamo condividere o meno ma sulle quali l’Architetto Daniela Volpi, può obiettare personalmente o a nome di una più o meno folta collettività che si sia costituita in Associazione, Club, Sindacato o altro, e che l’abbia liberamente (non obbligatoriamente) votata quale rappresentante.

E la morale di tutto questo è che, per l’ennesima volta, si parla di riformare qualcosa, in questo caso gli Ordini, non perché sia necessario ma perché invece di svolgere il loro compito si interessano di tutt’altro.

Ammesso e non concesso che siano utili e che non sia sufficiente, come per altri mille casi il Codice Civile, basterebbe che gli Ordini tornassero a fare il loro mestiere: garantire la professionalità dei loro iscritti e proteggere i cittadini dall’asimmetria informativa.
Ma per questo non servirebbero sedi faraoniche, bilanci da milioni di Euro, e soprattutto i Consiglieri e Presidenti non sarebbero una casta nella casta ma dei semplici servitori della collettività.